Filippo Inzaghi: «Insegno a mio figlio a giocare in strada. Leao? Resti al Milan, vi dico perché»

di Carlos Passerini

L’ex bomber di Milan e Juve, oggi è allenatore della Reggina, seconda in serie B: «Qui c’è un progetto. Milan e Inter possono recuperare ma il Napoli ha un grande vantaggio. De Ketelaere va aspettato»

Filippo Inzaghi: «Insegno a mio figlio a giocare in strada. Leao? Resti al Milan, vi dico perché»

Dal lungomare Falcomatà, dove ogni mattina spinge il passeggino del figlioletto Edoardo insieme ad Angela, la sua compagna, Pippo osserva lo Stretto e sogna la serie A. Sullo sfondo, dall’altra parte del mare, l’Etna innevato sembra esser lì a ricordare l’obiettivo da raggiungere: lontano, ma possibile. La sua Reggina è seconda in classifica, tre punti sotto al Frosinone dell’amico Fabio Grosso, altro azzurro di Berlino. Come a San Siro ai tempi di Superpippo, il feeling che Inzaghi riesce a creare con i tifosi è sbalorditivo: ogni partita, una festa. «Credo che di me la gente apprezzi il fatto che do sempre tutto me stesso, che non fingo. Mi nutro dell’affetto della gente, amo il calcio, in qualunque posto e in qualunque categoria. Da bambino andavo a vedere il Piacenza in curva con papà, che poi ci portava all’antistadio del Garilli a chiedere gli autografi. Una passione per il gioco che si vede e che trasmetto. La gente lo sente, credo».

Ha risvegliato l’orgoglio di un territorio poco conosciuto e spesso maltrattato.
«Era una scommessa difficile, tanti mi consigliavano di non venire a Reggio, la svolta è stata la telefonata del presidente Marcello Cardona (ex arbitro in A e questore, ndr) e il gesto del proprietario Felice Saladini, che ha preso un aereo per venire a Ibiza e poi una barca per Formentera per convincermi, riaccendendo l’entusiasmo che avevo dentro, in un momento difficile. Amo le piazze del Sud, quello che abbiamo fatto nel girone d’andata è stato bello. Siamo passati da un quasi fallimento, all’arrivo di Saladini, alla costruzione della squadra insieme al d.s. Taibi, alla posizione di adesso. C’è orgoglio, ma dobbiamo finire il lavoro nel girone di ritorno».

I tifosi le chiedono la serie A, che manca da 14 anni.
«Quando ho accettato la Reggina pensavo a un progetto triennale, adesso non dobbiamo avere le pressioni delle squadre costruite per vincere. Ma se abbiamo fatto 11 vittorie significa che qualcosa d’importante c’è. Nel ritorno a marzo-aprile vedremo dove saremo e lì ci daremo un obiettivo, ma senza assilli. Dobbiamo farci trovare pronti. C’è la squadra, c’è la società, c’è il pubblico. Proviamoci».

A proposito di serie A, che effetto avrà il Mondiale?
«Vedremo chi avrà indovinato la preparazione. Di sicuro influirà. Tutti sono andati a tentativi, inevitabilmente. Come nel lockdown: qualcuno ne è uscito più forte, qualcuno più debole. Il Napoli resta favorito. Fino alla fine del campionato meritava il primato anche per il gioco. In estate ha fatto un mercato intelligente, ha inserito giocatori molto forti come Kvaratskhelia che sta facendo la differenza. E poi c’è Spalletti».

La rimonta del Milan è possibile? Siamo solo a gennaio, ma 8 punti sono molti.
«Il Milan ha un grande allenatore come Pioli e dirigenti all’altezza come Maldini e Massara, sanno bene cosa fare. Chiaro che il Napoli ha viaggiato a velocita doppia, ma sono convinto che i rossoneri abbiano tutto per provare a recuperare per lo scudetto e per andare avanti in Champions, per vivere quelle notti che i tifosi conoscono bene».

Che succede a De Ketelaere? Per ora, non pervenuto.
«È forte, ma è giovane e va aspettato, come si è fatto per Leao. Potrà diventare protagonista, ha qualità. Bisogna togliergli pressione».

Leao resta o va via?
«Fossi in lui resterei. Per me il Milan è sempre stato il massimo. Vestire quella maglia, giocare a San Siro. Qualche anno fa magari si poteva pensare ad ambire a qualcosa di più prestigioso, perché il Milan stava tornando grande, ora invece ha vinto lo scudetto, fa strada in Champions. Leao è forte ma può essere ancora più forte. Mi auguro che si convinca. Qui può essere protagonista, al centro del progetto. Il rischio è che al City o al Real finisca poi per essere uno dei tanti. Se potessi dargli un consiglio, gli direi di diventare una bandiera del Milan, una cosa unica».

Inter e Juventus sembrano aver pagato le situazioni esterne al campo e ora devono rincorrere. Tardi?
«L’Inter ha passato un girone di Champions durissimo, ha speso molte energie, qualificandosi ha fatto qualcosa di eccezionale. La Juve ha pagato l’uscita dalla Champions, nessuno se l’aspettava. Ma in campionato tutte e due si riprenderanno».

Riprendere Lukaku è stato un errore?
«Anche io l’avrei ripreso, ma è chiaro che non giocando a lungo serve recuperare la condizione. Il problema sono stati soprattutto gli infortuni, che l’hanno rallentato. Ma dopo la sosta rivedremo il miglior Romelu. Così come Lautaro. Sarà stanco, ma sarà ancora più carico dopo la vittoria del Mondiale, vincere aiuta a vincere».

Che Mondiale è stato senza l’Italia?
«L’ho seguito meno proprio perché non c’eravamo, sono sincero. La finale è stata la più giusta. Ora però speriamo non ricapiti più di restare a guardare. In Italia ci sono molti ragazzi bravi, che giocano anche in B, spero abbiano spazio per crescere, perché solo così la Nazionale può tornare protagonista come ai nostri tempi».

Dove sono finiti i centravanti italiani?
«Rispetto ad altri Paesi, da noi si è perso il calcio di strada, l’oratorio. Io a mio figlio lo sto già insegnando: lo porto a giocare in tutti i posti. L’anno scorso ero in vacanza e in una piazza ho letto un cartello: vietato giocare a calcio. Meno playstation e più campetto. Solo lì s’affinano certe qualità che poi non perdi più».

Cannavaro, De Rossi, Grosso, Gattuso, Gilardino, Pirlo: com’è che voi campioni del 2006 siete tutti finiti a fare gli allenatori?
«C’entra l’amore per il calcio. Pensavo già allora che quella generazione del Mondiale e del Milan di Atene potesse restare nel calcio, perché quei trionfi si erano costruiti col gruppo, col rispetto delle regole, grazie alla voglia di allenarsi sempre al massimo. Tutti noi avevamo dentro questo. Ed è bello trasferirlo, insegnarlo».

Il miglior attaccante italiano di oggi e di domani?
«In Italia senza dubbio Immobile, il più completo. Al mondo, dico Mbappé e Haaland: inarrivabili. Fra i giovani italiani, a me piace molto Raspadori, anche se è più seconda punta. Mi ricorda Aguero come caratteristiche. Mi piace anche come faccia, mi sembra serio e pulito».

E quello di dopodomani? Non è che suo figlio...
«L’unica cosa che conta è che faccia sport e studi. A me e a mio fratello Simone i nostri genitori hanno insegnato così. Con gli anni ho capito quanto fosse importante ottenere un titolo. A Edoardo io e mia moglie vogliamo dare lo stesso insegnamento. Farà quello che vuole. Certo, se poi giocasse a calcio...».

2 gennaio 2023 (modifica il 2 gennaio 2023 | 09:52)